sabato 6 ottobre 2012

L'inconscio, questo sconosciuto...

Uno dei concetti cardine della Psicologia, in particolare delle branche psicologiche ad orientamento psicodinamico ( che si rifanno alle teorie psicoanalitiche ) è quello di inconscio: una sorta di alter ego di cui saremmo inconsapevoli ma che è responsabile della maggioranza dei nostri comportamenti. L' inconscio è stato oggetto di descrizioni e di interpretazioni; secondo la disciplina psicoanalitica i sogni, i lapsus, e altre manifestazioni analoghe sarebbero spazi dell' esperienza umana in cui l' inconscio riesce ad esprimersi in forma parzialmente mascherata e quindi traducibile in simboli ed immagini che possono essere oggetto di interpretazione e di conseguenza spiegare alcuni nostri comportamenti poco razionali, tra i quali i sintomi dei principali quadri psicopatologici. Sempre secondo questo orientamento di pensiero psicologico esisterebbero dei precisi contenuti nell' inconscio umano che possono entrare in conflitto con la nostra coscienza, tuttavia a seconda della scuola di pensiero, l' inconscio è stato considerato come un contenitore di contenuti differenti: sacca di impulsi primitivi, sede di archetipi ed immagini ataviche, sede di risorse naturali che raramente ascoltiamo ecc... 

Il problema dell' inconscio in termini sia teorici che epistemologici si apre dinanzi alla seguente ingenua e primaria domanda : l' inconscio esiste? Perchè, se per definizione è inconoscibile in modo diretto dalla nostra coscienza e quindi scientificamente inconoscibile, è molto difficile immaginare un modo per verificarne l' esistenza e quindi evitare di confonderci. Si potrebbe definire una "teoria autoimmunizante" così come la definiva Popper dal momento che una teoria indimostrabile diventa anche inconfutabile. 


Fortunatamente esistono una serie di studi che, anche non provando le teorie dei contenuti dell' inconscio, ci dimostrano tuttavia l' esistenza di un compartimento collaterale alla nostra coscienza di cui non siamo consapevoli, con cui è possibile comunicare e soprattutto è possibile influenzare al punto da determinare precisi comportamenti negli esseri umani.

Mi riferisco agli studi sui messaggi subliminali, all'interno dei quali è stata osservata un' influenza diretta dei soggetti sottoposti a stimoli subliminali, al punto da influenzare le loro scelte di acquisto e addirittura i loro sogni. Inoltre, prima ancora di questi esperimenti si conosceva la profonda responsività e le alterazioni di coscienza che si producono sotto effetto dell' ipnosi, fatti questi che sembrano togliere ogni dubbio in merito alla presenza di un compartimento inconscio della mente di cui siamo inconsapevoli ma che in circostanze particolari pare riattivarsi e che può influenzarci in maniera decisamente forte. Ovviamente nessuna di queste ricerche ha mai dimostrato che l' inconscio sia sede di processi mentali specifici così come teorizzato da molti autori ( Freud, Jung ecc... ) 

Interessanti inoltre sono gli studi di Penfield sugli stati di coscienza indotti mediante stimolazione elettrica della corteccia temporale. Le straordinarie trascrizioni delle sedute di stimolazione elettrica della corteccia cerebrale di pazienti svegli scalottati da parte del neurochirurgo e neurofisiologo canadese Wilder Penfield, rimangono fra i documenti più straordinari della storia delle neuroscienze. Nel 1942, per rendersi conto di quali parti del cervello fossero attive e quali fossero state compromesse dalla presenza di un tumore, Penfield stimolò la superficie corticale di una paziente ottenendo una serie impressionante di informazioni da risposte mai evocate prima e, in gran parte, sorprendenti per le conoscenze dell’epoca. Come esempio si riporta, qui di seguito, l’esito della stimolazione elettrica contrassegnata con il numero “11” nella trascrizioni: 


– (Esperimento di stimolo ripetuto senza avvertire la paziente) “Si, signore, credo di sentire una madre chiamare il suo bambino da qualche parte. Sembra essere qualcosa che è accaduto anni fa”. (Le si chiede di spiegare) “Qualcuno nel vicinato dove io vivo”. (Poi dice di se stessa al momento della percezione) “Ero in un qualche luogo vicino abbastanza per sentire. 


Queste rievocazioni di stati coscienza legati al passato, sembrano descrivere l'esistenza di una certa mole di ricordi e di emozioni apparentemente dimenticate ma che possono essere rievocate in condizioni particolari ( anche in ipnosi ) e che tante volte possono essere collegati a vissuti difficili e traumatici in una persona che sviluppa problemi psicologici. E' forse solo in termini di ricordi organizzati in stati che è possibile, almeno per ora, definire i contenuti dell' inconscio. 

Attualmente l' approccio neuroscientifico sembra inquadrare il concetto d' inconscio nell' attività dei sistemi archeocerebrali e quindi in quelle parti del cervello più antico di cui fanno parte l' insieme di strutture facenti parte del sistema limbico, del diencefalo ecc. Tali strutture lavorerebbero in parallelo alla nostra elaborazione cosciente-corticale e sarebbero specializzate in informazioni di contenuto emotivo. Tali aree inoltre sono provviste di regole, di memorie e di meccanismi di elaborazione delle informazioni più elaborate di quanto non si credesse in passato e tali logiche di funzionamento spesso e volentieri non sono corrispondenti a quelle che invece utilizza la nostra mente cosciente. Un esempio particolarmente chiarificatore di come tale elaborazione archeo-psichica sia attiva e accompagni la nostra elaborazione cosciente ci è fornito dallo studio sulle emozioni e in particolare dal fatto che l’emozione può essere scatenata da situazioni delle quali la persona non è consapevole, esistono difatti due vie mediante le quali si trasmettono gli stimoli al cervello:

  • una rapida e breve via sottocorticale;
  • una lenta e lunga via corticale.


Ognuna di queste vie dà luogo ad un identico output, la reazione della paura, ma in risposta a stimoli diversi.

Nella via (1) l’informazione sensoriale è diretta dal talamo direttamente all’amigdala, la reazione della paura scatta rapidamente in risposta a stimoli semplici.

Nella via (2) l’informazione sensoriale è diretta dal talamo alla corteccia ed all’ippocampo e in seguito proiettata all’amigdala. In questo percorso la reazione della paura viene esplicitata più lentamente e in risposta a stimoli più complessi.

Per via di questo fenomeno, ad esempio, possiamo avere una sensazione di antipatia e repulsione "a pelle" rispetto a qualcuno o qualcosa. Pur non comprendendo il motivo razionalmente, risulta in questi casi che talune proprietà dello stimolo ( persona o cosa ) possiedono caratteristiche mascherate o in qualche modo non chiaramente riconoscibili che vengono considerate dal nostro cervello emotivo come potenzialmente pericolose, per via di esperienze passate archiviate o altro. 

Inoltre altri studi dimostrano che soggetti affetti da cecità corticale ( sprovvisti delle funzioni cerebrali che permettono di decodificare gli stimoli visivi nella corteccia visiva occipitale), possono comunque riconoscere la presenza di stimoli visivi nel loro campo visivo quando questi stimoli posseggono caratteristiche emotivamente salienti ( come visi espressivi ecc. ) 

Sintetizzando, sembra che l' idea di un inconscio sia scientificamente dimostrabile e così anche la sua influenza sul comportamento degli esseri umani. Da questa convinzione si dipartono tutti gli orientamenti terapeutici, secondo i quali, è necessario agire sull' inconscio, sui suoi contenuti e sulla sua programmazione per aiutare le persone a risolvere i propri problemi psicologici. In breve, per raggiungere tale obbiettivo, esistono orientamenti volti a recuperare i ricordi traumatici rimossi e liberare la persona dalla confusione da essi determinata, altri invece prediligono l'aspetto comunicazionale e mirano a determinare una nuova programmazione dei messaggi depositati nell' inconscio al fine di sovrascrivere il messaggio disfunzionale precedentemente inciso, infine è possibile utilizzare entrambi i tipi di approcci per aiutare la persona a risolvere il proprio problema lavorando sia sul piano della " deconfusione" dal passato che lo stabilirsi di un nuovo orientamento nel presente - futuro.












lunedì 11 giugno 2012

Un viaggio da "paura"

Viaggiare è forse una delle esperienza più piacevoli e che generalmente associamo ai momenti di maggior relax e di vacanza, tuttavia, in molti casi, esiste una marcata paura di affrontare il viaggio. Tale paura può essere collegata al timore di utilizzare un certo tipo di mezzo di trasporto ( aereo, treno, nave ecc... ) oppure essere parte di una fobia complessa come l'agorafobia in cui vi è il timore più ampio di allontanarsi da una base sicura. Inoltre la paura di viaggiare può collegarsi ad altri quadri in cui dominano preoccupazioni differenti, ansia, manifestazioni di panico e di conseguenza tali problematiche finiscono con l' estendersi anche al viaggio o al mezzo di trasporto o ad entrambi. Così facendo il proprio problema diviene così limitante da impedirci di approfittare del nostro tempo libero per vivere un' esperienza capace di donarci quei momenti in cui vale davvero la pena di aver fatto sacrifici, momenti in grado di donarci serenità e spensieratezza.

Quando la partenza è desiderata ma allo stesso tempo temuta, la situazione può inasprirsi perchè chi ci è vicino ci esorta a superare questo limite, ma come sempre, le buone intenzioni di chi cerca di aiutarci finiscono per condurre ai risultati peggiori. Infatti sentirsi limitati e sentirci sottolineare questo limite esortandoci a superarlo è fortemente frustante e quasi per difesa si accontenta chi cerca di aiutarci ma alla fine si fa poco o nulla veramente per superare questo limite.


Ma cosa succede quando si ha paura di viaggiare, e soprattutto cosa cerca di fare una persona che ha questo timore ?

La prima cosa è che si evita di fare il grande passo, si arriva quasi a decidere che lo si farà ma poi ci si tira indietro. Ma ogni battaglia evitata procura una ferita ancor più grande di una battaglia perduta, ci conferma difatti la nostra assoluta incapacità di gestire e superare un limite ricacciandoci nell' inferno di fifoni.

Si può cercare di farsi aiutare e motivare da qualcuno, ma a poco serve affrontare le paure per procura, alla fine è una trappola consolatoria, chi deve affrontare un limite per superarlo è chi lo vive in prima persona.

Oltre a queste due reazioni ne esistono molte altre, tipiche di caso in caso.

Esistono anche persone che riescono ad affrontare,  ma ogni viaggio è una tortura tale da demotivare nuove esperienze analoghe. In questi casi appare evidente che qualcosa di difficile viene sperimentato durante l' esperienza del viaggio ed è importante in questi casi aiutare la persona ad esporsi con modalità e strategie mirate a superare le proprie sensazioni di disagio e godersi l'avventura.


Per descrivere in cosa può consistere un' intervento terapeutico rispettivo a questo tipo di paura, riporto di seguito una piccola situazione clinica in cui è stato applicata una serie di strategie rispettivamente a questo tipo di problema.

"La persona che soffriva di questo timore mi contattò allarmata, perchè doveva affrontare un viaggio da tempo programmato insieme al suo partner. La meta era molto lontana e richiedeva l' utilizzo dell' aereo. Quando la incontrai mi spiegò che aveva fatto diversi viaggi aerei ma che ogni volta era come perdere una vita, attanagliata dal terrore prima e durante il viaggio. Il problema in modo particolare si produceva prima di partire, e nel momento del decollo mentre, una volta partita, pur rimanendo un poco in ansia, le cose andavano un po' meglio. Tuttavia con il ripetersi di questa esperienza, aveva iniziato a rimandare il viaggio programmato ed ora era alle strette dato che il partner non sembrava molto disposto a rimandare ulteriormente. In questo caso la persona dimostrò di non evitare, ma di affrontare, tuttavia, nonostante questa sua reazione, nei momenti iniziali e durante il decollo era colta da sintomi tipo panico che la portavano a stare così male da demotivarla a svolgere ulteriori viaggi. Concordai con lei che era stata davvero coraggiosa ad affrontare la situazione  nonostante l' intensa paura e le chiesi cosa facesse nei giorni precedenti il viaggio. La persona mi spiegò che era ormai abituata, diversi mesi in anticipo, ad organizzare ogni tipo di cosa a titolo precauzionale, come i medicinali da prendere su , informarsi sulle misure di salvataggio, leggere libri di sopravvivenza in caso di incidente aereo e così via. Inoltre mi disse che il problema durante il viaggio era ben rappresentato dal fatto che lei si sentiva come un radar attenta ad ogni piccolo rumore, che potesse darle l' impressione che qualcosa non andava e che in qualche modo il viaggio sarebbe stato compromesso. L' intervento a questo punto poteva essere consegnato alla persona dato che l'analisi delle sue reazioni e della sua paura aveva chiaramente evidenziato un meccanismo di controllo applicato a titolo precauzionale prima di partire e sulla situazione durante l' esposizione. Per semplicità descriverò soltanto una parte dell' intervento.
Quello che le fu chiesto fu di ridurre ogni giorno progressivamente   le precauzioni che prendeva da mesi in anticipo, cercando di violarne più che poteva , spiegandole che, se una persona teme di soffrire, allora già sta soffrendo di quello che teme, e che ogni precauzione non fa che confermarle la paura e la sua assoluta impreparazione all' evento temuto. Quando progressivamente le precauzioni calarono la persona si accorse di essere molto meno in ansia , a questo punto fu possibile lavorare sulla paura vera e propria, dapprima con tecniche mentali e poi con precise prescrizioni da mettere in atto il giorno della partenza. Come è solito fare in questi casi alla fine del viaggio la persona mi mandò un sms per dirmi che era andato tutto ok."

L'analisi del caso permette di evidenziare alcune caratteristiche fondamentali :


  • La fobia era chiaramente circoscritta  alla precisa situazione di viaggio in aereo ed era insorta in tempi molto recenti, senza condizioni pre-morbose che giustificassero un approfondimento diagnostico e della personalità. Tali aspetti hanno permesso di ottenere effetti così efficaci in tempi brevi. 
  • Il copione di reazioni era ben isolabile ( precauzioni ecc ) e ha permesso di utilizzare strategie da protocollo senza richiedere l' elaborazione di strategie da adattare al caso 
  • La rottura del problema con conseguente sblocco sul piano sintomatico è stato ottenuto agendo sul controllo anticipatorio mediante precauzioni e su quello situazionale durante l' esposizione. 

martedì 15 maggio 2012

Insonnia: "un' epidemia" che non dorme mai

Gli italiani insonni oscillano tra i 12 e i 15 milioni (le donne sono il 70%). dato ancora più allarmante è che  il 56% degli insonni d’Italia non si cura

Cos'è l' insonnia e ancora più interessante cos'è il sonno e a cosa serve ? 

Ipnos Il Dio del sonno 
Ipnos, il dio del sonno, secondo la mitologia Greca era il fratello gemello di Thanatos la divinità della morte, ed un detto ebraico dice che il sonno contiene la cinquantesima parte della morte. E’ indubitabile che addormentarsi vuol dire perdere il controllo di sé; e cedere il posto di comando, anche solo per qualche ora, può essere difficile da accettare..  

Gli studi relativi al sonno hanno descritto in modo attento le fasi e le modificazioni fisiologiche legate al sonno ma poco sanno dirci sulla sua funzione e sul suo scopo. Ingenuamente si può pensare che dormire serva a riposarsi, d'altro canto durante il sonno l'attività cerebrale è tutt'altro che disattivata e in più occorre dire che non basta riposare il corpo e la mente , ad esempio stando in poltrona davanti alla televisione, per non aver bisogno di dormire.  Il sonno rimane un bisogno fondamentale, la cui sottrazione porta a quadri patologici gravi anche sul piano fisico, e chi soffre d'insonnia sa bene quanto si viva male senza dormire. 

Inoltre il sonno si accompagna al Sogno, una manifestazione psicologica che è stata oggetto di tante interpretazioni scientifiche, basti pensare a Freud e alla sua " interpretazione dei sogni", ma il cui significato rimane pur sempre misterioso. Recentemente nuove prospettive hanno inteso il sogno come una forma di " digestione psicologica" degli eventi avvenuti durante il giorno, alcuni dei quali, di natura traumatica e conflittuale, possono fissarsi nella mente inconscia a determinare sogni e incubi ricorrenti. 

Esistono differenti tipi di insonnia e molti modi di distinguerla sul piano diagnostico. 

Esiste una forma d' insonnia "pura", ovvero un quadro in cui domina il problema del sonno senza altri disturbi associati quali ansia, depressione, disturbi dell' umore ecc. spesso legata allo stress o ad altri fattori personali ed ambientali.

E' molto frequentemente un quadro in cui l' insonnia costituisce un sintomo associato a quadri molto più severi come depressione, ansia generalizzata, panico ecc... 

Inoltre è importante anche la sua manifestazione temporale: insonnia iniziale ( difficoltà nella fase di addormentamento ) intermedia ( risvegli nel cuore della notte ) e terminale ( risvegli mattutini precoci con grandi difficoltà a riprendere sonno ) 

Possono poi presentarsi insieme all' insonnia disturbi come: incubi, paure e attacchi di panico notturni ecc. 

Le distinzioni diventano tantissime mano a mano che si costruisce un quadro delle manifestazioni d' insonnia nelle persone che richiedono un aiuto specialistico. 

Dato che la Teoria ha un suo limite penso sia meglio esemplificare una situazione d' insonnia piuttosto atipica con relativi interventi terapeutici svolti al fine di esemplificare i meccanismi e le strategie di risoluzione applicate. 



Se mi prende un malore mentre sto dormendo  ? 

Un dubbio atroce: la persona che mi chiese aiuto per questo problema presentava una forma d' insonnia relativamente pura e contestualizzata, legata alla paura di morire e di stare male. Ogni volta che si accingeva ad addormentarsi il pensiero di poter avere un malore durante la notte e di non poter chiedere aiuto ai famigliari che dormivano nell' altra stanza la teneva sveglia in uno stato di ansia e di nervosismo. Il dubbio, che si era prodotto dopo aver letto una notizia su un giornale locale di un conoscente morto nel sonno,  come un tarlo, aveva insinuato in questa persona uno stato d'ansia che generava l' insonnia. Potremmo dire che questo sia un caso d' ironia, in quanto è tutto quello che fa la persona per scongiurare una sua paura a renderla "reale"; la persona si era difatti attrezzata affinchè il suo letto stesse il più vicino alla parete che confinava con la stanza dei famigliari in modo che fosse più facile chiedere aiuto laddove si fosse addormentata e fosse colta da un malore così da  poter chiedere aiuto e ricevere aiuto;  inoltre il suo continuo rimuginio interiore per cercare una soluzione teorica al suo problema non faceva che aumentare il suo timore invece di sedarlo. I famigliari avevano cercato ogni giorno di rassicurarla e per un po' l'avevano assistita durante i tentativi di addormentamento constatando che, così facendo, il problema pareva addirittura aumentare. Oltre a questo erano emersi, lungo l'anamnesi, una serie di difficoltà nella relazione con un familiare, che  potevano rappresentare uno spunto per comprendere più a fondo le origini del malessere della persona e i possibili meccanismi e dinamiche che il sintomo poteva coprire. Dato che tuttavia l ' emergenza era data dal sintomo del sonno, di natura ansiosa e legato ad una forma di pensiero ossessivo,  si è proceduto a lavorare primariamente su di esso utilizzando il protocollo strategico. Lungo il colloquio con la persona si è partiti dalla sua paura e si è rapidamente apportata una " ristrutturazione", successivamente ad un accurato dialogo terapeutico, da utilizzare per sedare il dialogo interno collegato alla sua paura, ciò è stato fatto nei seguenti termini:  "La tua paura è quella di poter stare male dormendo e nel momento in cui ti addormenti, ma tu stessa hai constatato, le volte che ti sei addormentata, che questa paura non si è mai realizzata e sei consapevole che non potrà esserci nessun reale malore durante il sonno, dato che hai fatto esami e sai che non ci sono problemi fisici,  nonostante questa paura sia irrazionale tu puoi sentirla al punto da impedirti di dormire...ma la senti solo quando sei sveglia" La persona concordò che la paura era così e che razionalmente era consapevole che non vi  fosse alcun reale pericolo e che tuttavia la paura era comunque presente, ma solo quando era sveglia dato che le volte che era riuscita ad addormentarsi la mattina si era svegliata tranquilla. "Allora vorrei che in quei momenti, mentre ti arriva il dubbio atroce,  tu dicessi a te stessa: Se mi addormento so già che non avrò nessuna paura, dal momento che quando dormi la tua mente va altrove e la paura se ne va, quindi se ti addormenti sei a posto, la paura se ne va e dormi tranquilla,  se invece   sei sveglia  non ci sarà nessun problema ad accorgertene ed eventualmente ad avvertire i tuoi se dovessi stare male, perchè finchè sei sveglia, sei vigile ".  Insieme a questo le fu chiesto di registrare su un piccolo block notes l' esatto momento in cui avrebbe potuto chiedere aiuto da sveglia colta da malore, annotando l' ora, la situazione, i sintomi e i pensieri presenti in lei e di chiedere eventualmente aiuto solo dopo aver fatto l' annotazione del temuto malore.  Alla seconda seduta la persona mi raccontò di essersi addormentata con il block notes sul letto all' altezza dell' addome, e di non essere riuscita ad annotare quel momento perchè non si era mai verificato, mi disse inoltre di non aver avuto bisogno di pensare a quello che ci eravamo detti dal momento che era molto più tranquilla. Per spiegare l' effetto di questa prescrizione occorre considerare due elementi: il primo è il tipo di comunicazione data in seduta, piuttosto suggestiva e adattata al tipo di percezione della persona, che rendeva inattivo il meccansimo di rimuginio e di dubbio che l'angosciava prima di dormire. In secondo luogo l' indicazione del block notes rappresenta un' indicazione impossibile e per certi versi paradossale, dato che le veniva chiesto di verificare una manifestazione ( il malore ) che mai si era verificato e che esisteva nella mente della persona solo in termini di paura, quindi il tentativo di annotarlo diventava una prova impossibile, che andava a correggere il timore della paziente ed inoltre la conduceva ad annoiarsi favorendo così il sonno. L 'uso di queste due strategie è stato sufficiente in questo caso a sbloccare il sintomo insonne, il trattamento è poi continuato, da un lato consolidando quanto fatto tra la prima e la seconda seduta e poi esplorando eventuali radici conflittuali alla base di questo problema. Alla fine della terapia, in questo  caso particolarmente breve, furono escluse problematiche più profonde di natura traumatica e conflittuale  potendo constatare il mantenimento dei risultati dopo più di un anno dopo l' ultima seduta svolta. 




Pragmatismo e pensiero Pragmatico

Il pragmatismo rappresenta una corrente filosofica sviluppatasi negli Stati Uniti tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento, secondo la quale la verità e la validità di una teoria è affidata alla sua verifica pratica. Si deve a William James la nascita di questa nuova visione nel campo Psicologico, secondo tale apporto filosofico e Psicologico  è possibile considerare vere idee e concetti solo se permettono alla persona di operare nella realtà in modo funzionale


Sir William James


"Molte persone credono di pensare ma in realtà stanno solo riorganizzando i loro pregiudizio " William James 



Chi abbraccia una prospettiva pragmatica sceglie un atteggiamento mentale e di comportamento che privilegia la pratica e la concretezza rispetto alla teoria, agli schemi astratti e ai principi ideali che non trovano riscontro nell' azione e nel funzionamento

Anche nel campo della Psicologia e della Psicoterapia, seguire un approccio di stampo pragmatico significa selezionare forme di intervento e di analisi dei casi che si traducono in effetti e che si possono misurare e verificare lungo un trattamento, escludendo le diatribe teoriche e rimandando ad un momento successivo l' elaborazione di una qualche teoria che abbia un riscontro pratico e immediato. 

Nasce Spontaneo a questo punto chiedersi quali approcci psicoterapeutici abbiano un maggior valore pragamatico e quindi ve ne sia dimostrazione di funzionamento in termini scentifici. 

Nelle ultime meta-analisi di confronto di efficacia tra le varie forme di Psicoterapia emergono differenze sempre più ridotte che sembrano mettere più o meno sullo stesso piano le Psicoterapie Sistemico-Strategiche , quelle Cognitive, la Psicoterapia Rogersiana e quelle di stampo Psicodinamico breve. Emerge quindi una relativa parità a sostegno che ogni approccio ha individuato alcuni meccanismi responsabili delle psicopatologie e protocolli d' intervento efficaci. Probabilmente ogni approccio dal proprio punto di vista ha ragione, e tuttavia l' escludere a priori il punto di vista degli altri approcci non permette di avere la visione globale che potrebbe portare ad una teoria pragmatica e complessiva della mente umana. 

In questa intricata tela di approcci e visioni della mente umana è di fondamentale importanza centrarsi sul tipo di richiesta della persona e sul tipo di problema per poter adattare la terapia, e selezionare quel tipo di approccio che più si dimostra e si è dimostrato efficace nel trattare il problema. Questo ovviamente comporta un arricchimento teorico e metodologico da parte del Terapeuta che ha la necessità di formarsi e completare la sua formazione imparando ad utilizzare differenti metodi e soprattutto sapere quando farlo.